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Rigenerazione urbana (ex.Piano Casa)

Per gli interventi di ristrutturazione e ampliamento delle abitazioni, il Piano Casa (ora sostituito per la Regione Lazio dalla legge di Rigenerazione Urbana) prevede un sistema di agevolazioni regionali che permettono di beneficiare di un bonus per gli interventi abitativi in deroga agli strumenti urbanistici. Vediamo nel dettaglio cos’è la rigenerazione urbana e quali sono gli interventi che è possibile porre in essere grazie a questa disciplina.

1. Rigenerazione Urbana (ex-Piano Casa): cos’è?

Tra gli interventi più recenti per incentivare la ripresa del settore edile, la legge Piano Casa, adottata con il D.Lgs. 112/2008, prevede un regime agevolato per gli interventi di ampliamento, recupero e adeguamento delle abitazioni, stabilendo anche deroghe rispetto ai piani regolatori vigenti in ogni Comune. L’intervento legislativo è nato con l’obiettivo di ridare fiato al settore edile, conciliando le esigenze produttive con quelle abitative delle famiglie. Da ultimo, il regime del Piano Casa è stato modificato con il D.L. 47/2014 (cd. Piano Casa 2 o Piano Casa 2014): si tratta di misure nazionali, quindi valide su tutto il territorio, che hanno introdotto delle agevolazioni fiscali, tra cui la cedolare secca, il finanziamento da parte di un fondo nazionale per la locazione degli immobili e per aiutare gli inquilini morosi, sconti IRPEF per quanti vivono in alloggi popolari, incentivi per l’adeguamento sismico e molto altro.

Il sistema prevede una disciplina generale, stabilita per tutto il territorio nazionale, a cui si è affiancata la legislazione prevista dalle singole regioni. Nell’impianto originale, il Piano Casa introduceva dei bonus volumetrici per gli ampliamenti anche superando le soglie di volume e di superficie stabilite dagli strumenti urbanistici vigenti sul territorio comunale: nel dettaglio, è previsto un margine di bonus volumetrico della cubatura del 20% per gli ampliamenti e fino al 35% per le sostituzioni rispetto ai cubi esistenti, con un’evidente possibilità di aumentare il potenziale edilizio dell’immobile e, per questo motivo, anche il suo valore commerciale. Tra gli interventi possibili ai sensi di questa legge è possibile elencare:
ampliamento e sopraelevazione ottenuti con la riqualificazione del fabbricato;
– recupero ad uso residenziale delle volumetrie non abitative (ad esempio, con la trasformazione di un annesso rustico);
demolizione e ricostruzione dei fabbricati con un’addizione volumetrica.

Come anticipato, il regime del Piano Casa consiste in un provvedimento generale, oggetto di regolazione specifica da parte di ogni regione. Quindi, quando si parla di Piano Casa non ci si riferisce ad una singola legge, ma ad un sistema di norme nazionali, regionali e locali. Questo aspetto è molto importante, dal momento che la disciplina del Piano Casa può variare anche di molto da regione a regione, in funzione delle specifiche caratteristiche e problematiche presenti sul territorio. Accanto alle regole base nazionali, quindi, ogni regione ha adottato una disciplina specifica volta alla riqualificazione del proprio territorio.

I singoli Piani Casa Regionali, quindi, hanno una validità territoriale limitata, per cui si rimanda alla disciplina prevista da ogni legge regionale. Le norme sul Piano Casa adottate da ogni regione, inoltre, sono straordinarie, nel senso che prevalgono rispetto alle previsioni dei regolamenti comunali. Da questo elemento deriva anche la portata temporale limitata dei piani straordinari, che sono quindi soggetti a scadenza, diversamente stabilita da regione a regione. Tuttavia, il carattere eccezionale del bonus, reso evidente anche dal contenuto dell’Accordo fra Stato e regioni del 2009, con cui gli enti locali hanno recepito le indicazioni provenienti dal legislatore statale, è stato ampiamente disatteso da parte delle amministrazioni regionali, che nel corso degli anni hanno prorogato o, addirittura, reso stabile il Piano Casa all’interno del proprio territorio: per verificare se nel proprio Comune di residenza è ancora vigente il Piano Casa e quali sono le prescrizioni specifiche dello stesso, è necessario esaminare la singola legge regionale.

É in questo contesto che si inserisce la legge di Rigenerazione Urbana approvata recentemente dalla Regione Lazio: si tratta del provvedimento 18 luglio 2017, n. 7, che contiene disposizioni sulla rigenerazione urbana e il recupero edilizio. Questa legge, in particolare, ha l’obiettivo di adattare le prescrizioni previste dal Piano Casa (scaduto, per il Lazio, il 31 maggio 2017) alla realtà del territorio regionale, incentivando la razionalizzazione del patrimonio edilizio, il recupero delle periferie e delle aree urbane degradate, nonché degli edifici dismessi o inutilizzati. Di seguito verranno indicate le principali regole previste da questa normativa, gli interventi ammessi e quelli vietati, nonché il regime delle agevolazioni e degli incentivi per le ristrutturazioni edilizie.

2. Cosa prevedono le norme sulla Rigenerazione Urbana?

Si diceva che la legge sulla Rigenerazione Urbana contiene, al pari dei Piani Casa in vigore nelle altre regioni italiane, una serie di norme che riguardano l’edilizia, dalla programmazione degli interventi necessari per la riqualificazione dei contesti urbani degradati alle opere private per il rinnovo e le ristrutturazioni del patrimonio edilizio.

In particolare, un primo insieme di regole sono previste per i Comuni, ai quali è affidato il compito di attuare dei Programmi di rigenerazione urbana, anche dietro proposta dei privati o di associazioni attive nel campo del recupero urbano. All’interno di questi programmi potranno essere riconosciuti bonus e incentivi per il rinnovo del patrimonio immobiliare, sia da parte dei privati che per la realizzazione di opere pubbliche, con il riconoscimento di una premialità che può arrivare fino al 35% della superficie lorda esistente; questa quota è aumentata al 40% quando gli interventi sono realizzati avvalendosi dei concorsi di progettazione, che permettono di assicurare una migliore qualità urbanistica, edilizia ed architettonica dei programmi.

La legge individua anche le condizioni per procedere al cambio della destinazione d’uso degli edifici: in questo caso, è necessario che la destinazione che si intende scegliere per il fabbricato sia già prevista e consentita dagli strumenti urbanistici vigenti; in secondo luogo si deve trattare di una destinazione compatibile con quella di provenienza, a scelta tra le diverse categorie disciplinate dai piani regolatori. In proposito, però, è vietato il mutamento della destinazione d’uso di un edificio volto ad aprire una struttura di vendita medio-grande. Ai Comuni, peraltro, è lasciata la possibilità di prevedere con apposite delibere interventi di ristrutturazione edilizia che comportino anche il mutamento della destinazione d’uso tra le categorie funzionali previste dall’art. 23-ter del Dpr 380/2001 (il T.U. edilizia, che annovera le categorie seguenti: residenziale, turistico-ricettiva, produttiva e direzionale, commerciale, rurale), ad eccezione di quella rurale. Anche in questo caso, tuttavia, non è possibile riconoscere modifiche alla destinazione d’uso volte all’apertura di centri commerciali di medie e grandi dimensioni.

Ancora, ai Comuni è affidato il compito di individuare gli ambiti del proprio territorio in cui potranno essere consentiti gli interventi di ristrutturazione oppure di demolizione e ricostruzione degli edifici esistenti, riconoscendo un bonus di volume o di superficie fino al 30% in più rispetto ai piani regolatori esistenti: si tratta di interventi che mirano evidentemente al rinnovo e alla riqualificazione del patrimonio edilizio già esistente. Per favorire questi obiettivi, i Comuni avranno la possibilità di modificare gli strumenti urbanistici già adottati, recependo le innovazioni contenute nella legge regionale tra quelle che si individuano di seguito:
– nei regolamenti degli enti locali possono essere inserite le norme per i cambi di destinazione d’uso degli edifici esistenti;
– allo stesso tempo, i piani regolatori comunali possono prevedere ampliamenti fino al 20% della volumetria o della superficie già esistente per gli edifici a destinazione residenziale, con un tetto massimo di 70 mq;
– nei piani comunali possono rientrare anche le norme (di cui si parlerà più avanti) che riguardano la riqualificazione degli edifici in zone colpite dal terremoto, quelli con destinazione agricola, le sale cinematografiche, i centri culturali, gli stabilimenti balneari e le altre strutture ricettive all’aria aperta.

Tra le principali innovazioni contenute nella legge sulla Rigenerazione Urbana c’è la possibilità per i privati cittadini di promuovere autonomamente l’iniziativa edilizia da parte degli enti pubblici, proponendo una richiesta di riqualificazione e rigenerazione edilizia per le aree degradate di cui sono in possesso o che abbiano individuato. In questo caso, le amministrazioni locali, dopo aver dato corso alle verifiche del caso, sono abilitate a concedere ai privati la possibilità di porre in essere interventi di ristrutturazione, demolizione/ricostruzione, fino ad un incremento della superficie dell’unità immobiliare non superiore al 30%.

3. Quali sono gli interventi ammessi e quelli esclusi?

Dopo aver esaminato nel dettaglio la disciplina contenuta nella legge sulla Rigenerazione Urbana, è possibile elencare tutte le tipologie di interventi ammessi e vietati. Prima ancora, però, è opportuno specificare che la procedura per poter accedere ai benefici previsti dalla normativa urbanistica in questione è sostanzialmente identica a quella in vigore per il vecchio Piano Casa (e rimasta in vigore per le Regioni che hanno prorogato questa legge o ne hanno recepito integralmente le direttive). A dispetto delle minime varianti che è possibile riscontrare nelle diverse discipline regionali, gli step procedurali sono così riassumibili:
1) É necessario dotarsi della planimetria aggiornata dell’edificio per cui si richiedono gli incentivi e i bonus ristrutturazione: si tratta di un documento necessario per poter operare i conteggi relativi alla superficie e al volume esistenti, in rapporto a quelli che risulterebbero all’esito degli interventi.
2) In secondo luogo, sarà necessario affidare il progetto a ditte specializzate, stando attenti a verificare che queste ultime eseguano i lavori nel pieno rispetto della normativa statale e regionale (pena, altrimenti, la possibile commissione di abusi edilizi).
3) Dal punto di vista, burocratico, invece, l’intervento deve essere preceduto da una S.C.I.A. edilizia, cioè una segnalazione certificata di inizio attività, da presentare allo sportello competente del Comune, insieme ad una relazione tecnica (di norma, a firma dell’architetto o del tecnico che cura il progetto) che attesti le caratteristiche dei lavori.

Fatta questa breve parentesi sulle modalità con cui è possibile avviare i lavori disciplinati dal Piano Casa (o, per la regione Lazio, dalla legge sulla Rigenerazione Urbana), è possibile descrivere brevemente quali sono gli interventi più importanti che sono ammessi:
– Innanzitutto, la legge incentiva il miglioramento sismico e l’efficientamento energetico degli edifici esistenti, ammettendo ampliamenti del 20% della volumetria o della superficie degli edifici residenziali, fino ad un incremento massimo di 70mq.
– In secondo luogo, sono ammessi gli interventi di ristrutturazione edilizia e di demolizione/ricostruzione che risultino in un incremento fino al 20% della volumetria esistente del fabbricato adibito ad uso abitativo (mentre per gli edifici produttivi l’incremento massimo è del 10%).
– Infine, come si è già detto prima, la legge ammette a certe condizioni la modifica alla destinazione d’uso dell’immobile già esistente.

Queste norme si applicano soltanto nelle porzioni di territorio urbanizzato e riguardano gli edifici già esistenti, realizzati legittimamente (quindi senza che sia presente un abuso edilizio), o che abbiano goduto di un titolo edilizio in sanatoria (in altri termini, un condono). Ne risulta che sono esclusi gli interventi in esame:
– per le aree sottoposte a vincolo di inedificabilità;
– per gli edifici che si trovano nei centri storici;
– per i parchi regionali, ad eccezione delle aree che ospitano insediamenti urbani;
– per le aree agricole, salvo per quegli interventi che riguardino gli edifici residenziali;
– in generale, per la costruzione di nuovi edifici o per l’urbanizzazione di porzioni di territorio precedentemente non edificate.

4. Il regime degli incentivi

Oltre a prevedere una serie di interventi per agevolare la rigenerazione urbanistica, la legge ha introdotto una serie di incentivi che riguardano particolari categorie di edifici, o che si applicano in considerazione di determinate condizioni.

Nel primo gruppo rientrano gli incentivi previsti per sale cinematografiche, centri culturali polifunzionali e teatri, per i quali è consentita la ristrutturazione edilizia oppure la demolizione/ricostruzione con incremento volumetrico fino al 20%. Inoltre, è ammessa, anche in deroga ai piani urbanistici esistenti, la modifica della destinazione d’uso dell’edificio precedentemente adibito a cinema o a centro culturale, se volta all’apertura di attività commerciali, artigianali e, in genere servizi. Si tratta di una previsione volta ad incentivare la ristrutturazione ed il potenziamento di tutti gli edifici destinati allo svago e alla cultura, portatori di un rilevante interesse pubblico.

La seconda categoria di incentivi riguarda, invece, gli edifici costruiti in aree sismiche, per i quali sono considerati applicabili gli incentivi di ristrutturazione e rinnovazione quando volti al miglioramento dell’efficienza energetica e all’introduzione di cautele antisismiche. Nei cd. crateri, cioè le aree colpite dal terremoto, questi interventi sono consentiti sia in adiacenza che in aderenza rispetto al fabbricato esistente, ma se ciò non sia tecnicamente possibile, oppure se l’intervento può compromettere l’estetica dell’edificio, è possibile anche realizzare un nuovo corpo edilizio, anche se costruito su un lotto diverso da quello di origine, purché non sia classificato come aree agricole. Con riferimento a queste ultime, invece, la ristrutturazione e ricostruzione degli edifici è vincolata alla condizione di lasciare intatta la destinazione d’uso agricola per i fabbricati già esistenti. Inutile ricordare che tutti gli ampliamenti in questione devono essere realizzati rispettando la normativa statale e regionale in materia di sostenibilità ambientale, oltre che le disposizioni contenute nel T.U. edilizia.

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